Estetica del gusto. Appagare per conquistare
Il nostro gusto è cambiato durante il corso della storia e questo non riguarda solo l’apparire, ma anche il piacere di come ci nutriamo.
Sembra ieri.
Gli antichi romani insaporivano i cibi con il deliziosissimo liquamen (già il nome fa sognare), una salsa liquida a base di teste di acciughe sotto sale e interiora di pesci lasciate a fermentare. Esiste una vera e propria disciplina che studia prelibatezze dimenticate o contemporanee, insieme alla loro relazione con la società: è l’antropologia alimentare. Il gusto si è rivelato un senso essenziale per la sopravvivenza. Quando avvertiamo qualcosa di eccessivamente amaro o aspro siamo portati a lasciarlo da parte perché un tempo quei gusti segnalavano un alimento potenzialmente velenoso o addirittura letale. L’avversione per l’amaro e i sapori tannici ha uno scopo evolutivo destinato a scoraggiare i cuccioli (con variazioni a seconda della specie) dall’ingestione di una grande quantità di alimenti potenzialmente tossici. Gli esemplari adulti, anche nel caso dell’uomo, hanno una maggiore tolleranza nei confronti dell’amaro, poiché hanno sviluppato l’esperienza gustativa di alcune bacche e frutti immaturi dall’effetto benefico contro virus e parassiti. L’avversione per l’acido presenta molte più variabili non solo fra specie diverse, ma anche all’interno dello stesso gruppo.
Con l’acquisita manualità, la lavorazione dei metalli e la costruzione di armi rudimentali, i nostri antenati sono passati da frugivori (con un’alimentazione a base di frutta, noci, uova e piccoli rettili) a veri e propri predatori — cambiamento che ha avuto delle ripercussioni sulla struttura sociale e sulle capacità cognitive. Mentre i carnivori specializzati come i felini hanno una vasta dotazione di serie in quanto ad armi (denti aguzzi, artigli affilati) e sviluppo dei sensi (olfatto finissimo, vista sensibile), non si può dire che abbiano uno spiccato senso del gusto: la loro dieta a base di carne è monotona e “incolore”. I primati e i loro discendenti invece sono sensibili al sapore, hanno sviluppato delle preferenze e arrivano addirittura a godersi il cibo.
L’Aloe vera, amara per proteggersi.
L’Aloe vera cresce e prospera in terreni aridi nei quali il suolo risulta scarso di nutrienti e acqua. Questa magnifica pianta compie un grande sforzo per ricavare il meglio dal suo ambiente: è riuscita a sintetizzare le sostanze in modo da conservare liquidi ricchi e concentrati di sali minerali e preziosi nutrienti. Essendo così polposa in uno scenario aspro, sarebbe vittima di continui attacchi di animali assetati e affamati se non avesse sviluppato le sue armi di difesa. Le punte acuminate delle sue foglie sono un primo “avviso” per chi volesse avvicinarla, ma la vera arma evolutiva è quella di risultare insopportabilmente amara nella parte in cui verrebbe addentata, ossia nelle estremità delle foglie. È qui che si trova il concentrato di Aloina, un attivo che ingerito in quantità risulta molto irritante per qualsiasi organismo. Tuttavia, in un succo puro le cui foglie sono lavorate a mano, la carica di Aloina viene abbattuta. Il retrogusto amarognolo tanto amato da consumatori di tutto il mondo però, resta. Un gusto primitivo, deciso e non adatto a tutti i palati.
Aloe Magnifica, sontuosa e godibile.
Aloe Magnifica è un concentrato di gusto grazie al filetto tagliato in pezzi polposi, in grado di appagare anche i palati più fini. Durante la lavorazione acquisisce un particolare aroma vellutato che trasforma l’assunzione di Aloe vera in qualcosa di… magnifico, con un appagamento paragonabile solo a quello di un ricco succo appena spremuto a freddo. Il Succo Puro d’Aloe resta la scelta dei puristi del gusto, mentre Aloe Magnifica è probabilmente uno dei succhi d’Aloe più “regalati” proprio perché piace proprio a tutti. Aloe Magnifica è contenuta in una speciale bottiglia trasparente, trattata in modo da resistere ai raggi UV che potrebbero danneggiare il suo prezioso contenuto. Sulla confezione c’è l’invito a verificare la bontà del prodotto, con la possibilità di ispezionarne i frammenti visibili a occhio nudo.